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MASSA SENZA INGRASSARE

Chi si approccia per le prime volte al mondo della palestra è normale che abbia diversi dubbi. Uno dei tanti riguarda l’aumento della muscolatura su tutto il corpo rimanendo definiti.

Innanzitutto è importante capire cosa c’è alla base della crescita. Un soggetto naturale, che non fa uso di sostanze dopanti, ha come motore dell’intero sistema il cibo. Questo significa che tutto ciò che viene ingerito, a seconda delle caratteristiche ha un impatto sull’organismo.
Lo sviluppo delle fibre muscolari, ed eventualmente la creazione di nuove cellule, è un processo complesso che necessita di un ambiente particolare per lavorare al meglio: si chiama eccesso calorico.

Nella pratica è fondamentale che il corpo si trovi in un surplus di calorie, quindi con quantità di carboidrati, proteine e grassi oltre al normale. Tuttavia non significa solo mangiare di più, ma anche tenere una certa proporzione tra questi macronutrienti. Già da questo discorso si può capire la risposta alla domanda, ma procediamo con calma.

I carboidrati sono i primi responsabili dell’aumento di peso corporeo, e quindi di massa muscolare. La loro funzione è quella di fornire energia all’intero organismo e di conseguenza permette di andare in palestra carichi, motivati e concentrati. Una loro quantità superiore al comune è consigliata ai soggetti ectomorfi, cioè quelli che possiedono per genetica un metabolismo molto veloce, bruciando altrettanto rapidamente le calorie. Quelli che fanno fatica a crescere, per intenderci.

​Le proteine sono gli elementi costituenti le cellule muscolari, quelli che hanno il compito di riparare i danni causati dall’allenamento con i pesi. A differenza di quanto si crede, non bisogna assumerne troppe al giorno per mettere su massa, anche perché il corpo ha una limitata capacità di assorbimento. Le quantità degli aminoacidi da assumere non variano molto durante l’anno, al massimo nel periodo estivo in cui possono lievitare leggermente per coprire il calo dei carboidrati (l’unico modo per dimagrire).

Per quanto riguarda i grassi, vanno assunti sempre e comunque perché hanno diverse funzioni vitali nel nostro organismo, ma in maniera limitata. In un’alimentazione tradizionale generalmente essi non mancano mai dato che reperirli è piuttosto semplice, basti pensare al condimento con l’olio d’oliva.

Arrivando al punto del discorso, l’aumento della muscolatura richiede un’introduzione sufficiente di tutti e 3 i macronutrienti, portando l’organismo in eccesso. Questo vuol dire che la maggioranza delle calorie sarà riservata per il rifornimento del tessuto muscolare, ma inevitabilmente una parte sarà convertita in grasso. In altre parole, tutto ciò che esce dal limite necessario per la costruzione delle fibre e che non viene bruciato o smaltito, siano proteine o carboidrati, si trasformano in adipe.

Dato che è impossibile sapere di preciso quanti grammi oltre al normale bisogna assumere per rientrare in questo margine, ci sarà sempre una certa tendenza ad ingrassare. Ci sono stime, calcoli, medie matematiche, ma non esisterà mai un dato esatto al 100% per via della complessità e continua variazione dell’apparato umano. La cosa importante è quella di non esagerare con gli eccessi calorici, ma aumentare le quantità in modo graduale e costante, osservando come il proprio corpo reagisce, sia sulla bilancia che allo specchio.

LA FORZA DELLA MENTA IN PALESTRA

Molti pensano che andare in palestra sia l’equivalente di spostare dei pesi in maniera meccanica, da un punto A ad un punto B. Ebbene, mai sciocchezza più grande!

Per un praticante del fitness che non aspira a particolari gradi o che vuole solamente mantenersi in forma, il discorso può anche fermarsi al punto sopra. Ma un atleta che sogna di costruire un fisico di qualità, ecome quello di un culturista, deve andare oltre. Cosa vuol dire?

Davvero in pochi sono a conoscenza delle enormi potenzialità che possiede il nostro cervello, ancora meno sono in grado attivarlo in maniera soddisfacente. Nella pratica, quando si solleva un determinato peso in palestra ci sono modi per farlo, anche se apparentemente uguali: con la mente nei muscoli o solo con i nervi.

Un principiante non ha idea di che cosa significhi ciò, perché non è in grado di attivarsi. Le sue capacità motorie di coordinamento sono molto scarse, i carichi massimali sono molto indietro rispetto al potenziale reale e lo stress indotto a livello delle fibre risulta quasi inesistente. Risulta pertanto inutile parlare a questa categoria di atleti di quello che è la connessione mente-muscolo, in termini tecnici propriocezione muscolare.

Un atleta avanzato invece ha imparato a sentire il lavoro svolto, ad attivare nella giusta sequenza i vari gruppi allenati ed isolarli profondamente. Questo significa che ogni ripetizione ha un impatto importante, dalla prima fino al cedimento, risultando in un chiaro stress a livello delle fibre e quindi in una loro conseguente crescita.

Questa grande differenza è data dalla mente, che con l’avanzare del tempo diventa più efficiente ed in grado di adattarsi meglio al lavoro svolto. Nel Bodybuilding questo è di fondamentale importanza perché se non si instaura un legame stretto tra i propri muscoli ed il proprio cervello, difficilmente si avranno risultati.
Soprattutto per quanto riguarda le serie di pompaggio, in cui l’obiettivo è quello di esaurire le fibre più resistenti.

In conclusione è bene prestare attenzione a questo aspetto, cercando di migliorare la propriocezione dei muscoli il più presto possibile, ​al fine di massimizzare i guadagni.

LA CREATINA E’ UTILE?

L’integratore più studiato al mondo è sicuramente la creatina, motivo per cui è molto importante essere a conoscenza delle sue funzionalità. Essendo oggetto di continue analisi e sperimentazioni su migliaia di atleti, i suoi benefici per l’aumento della potenza e di massa muscolare sono ormai noti, ma entriamo più nel dettaglio.

La creatina si presenta come una combinazione di tre diversi aminoacidi: glicina, arginina e metionina, naturalmente sintetizzati dal corpo quando si assumono alimenti particolari, ad esempio carne rossa o pesce.
Durante lo svolgimento di un esercizio, soprattutto se esso richiede un impegno neurologico elevato e una grande scarica di potenza, la domanda di ATP aumenta in proporzione. In altre parole, quando si usano carichi pesanti vicino al proprio massimale, quindi sollevabili per poche ripetizioni, c’è una notevole dispersione di energia da parte delle cellule, che devono essere riempite.

Proprio per questo si utilizza la creatina, che ha lo scopo di reintegrare e donare ATP extra, in modo da offrire potenza ed energia supplementare e allo stesso tempo ridurre l’affaticamento.
Tuttavia con una normale alimentazione risulta veramente difficile ricavare dosi sufficienti di questo composto organico, motivo per il quale si passa all’integrazione.

Un’altra funzionalità della creatina è la sua capacità di attirare acqua. In pratica, i muscoli ottengono un effetto di pienezza e gonfiore nel corso delle assunzioni, fino a raggiungere un picco limite. È come se le cellule fossero dei palloncini sgonfi, che se riempiti di acqua prendono forma.

La creatina non è uno stimolante, quindi non ha senso interrompere la sua integrazione con pause di varie settimane o addirittura mesi, al contrario di quanto si sente dire spesso in giro. Semplicemente, quando i muscoli si riempiono completamente, e questo avviene già dopo 30 giorni circa con un dosaggio medio/basso (3g), a primo impatto può sembrare che non faccia più effetto. Ovviamente non è così, perché se si smette di assumerla, in breve tempo si tornerà un po’ indietro, cioè i muscoli tenderanno a svuotarsi. Per fortuna mai a zero, perché alcuni guadagni fatti non spariranno, ed è proprio questo che rende l’integrazione di creatina una meraviglia.
La cosa giusta da fare in questo caso è quella di mantenere inalterate le quantità, o anche ridurle di un minimo. Non bisogna mai azzerarle o dall’altra parte aumentarle eccessivamente.

In conclusione, grazie a questo integratore è possibile guadagnare peso corporeo, aumenti delle misure e di forza in palestra. Tutto ciò porta enormi benefici a lungo andare, perché è come se si stesse lavorando ad una marcia in più.

QUANTI PASTI AL GIORNO?

Un culturista naturale, cioè che non fa uso di sostanze dopanti deve seguire un certo piano alimentare, che va adattato alle proprie esigenze. Ovviamente per costruire nuova massa muscolare è necessario introdurre diverse calorie, che vengono stimate sempre a fine giornata.

A differenza degli altri sport dove la nutrizione assume un aspetto marginale, nel Bodybuilding è fondamentale. Bisogna conoscere gli alimenti che si mangiano come le proprie tasche, rispettando determinate strategie, come ad esempio il numero dei pasti.

È davvero difficile dare una risposta precisa e definita a questa domanda, perché ognuno di noi ha uno stile di vita differente. C’è chi studia, chi viaggia all’estero, chi lavora, chi ha una famiglia ecc. perciò conviene fare riferimento a dei principi universali, che resteranno immutabili nel tempo.

Uno di questi è che fare tanti piccoli pasti è meglio che abbuffarsi poche volte. Questo perché il corpo ha una capacità di assorbimento limitata, e quando riceve ingenti quantità di cibo tutte in una volta, gran parte delle calorie utili vengono scartate. Inoltre riempirsi la pancia al limite non è mai una buona cosa, perché oltre al rischio di vomitare tutto quanto e stare male, si innalza la probabilità che si verifichino patologie, come al cuore o al fegato.
Risulta molto più intelligente suddividere quei pochi pasti estenuanti in un numero più alto nell’arco delle 24h, introducendo le stesse calorie ma risparmiandone molte di più.

I pasti principali di una giornata sono 3: colazione, pranzo e cena. Tra questi è possibile e consigliato inserire dei piccoli spuntini, in modo da mantenere controllata la fame quando si cerca di dimagrire o di aumentare le calorie ingerite in modo costante nei periodi di massa. Quindi:
colazione;
spuntino I;
pranzo;
spuntino II;
cena;
spuntino III:
In sostanza si arriverebbe a 6 pasti complessivi. Tuttavia bisogna considerare che nei giorni di allenamento in palestra si consumano più calorie, perciò è necessario mangiare un po’ di più. Però arrivare a 7 pasti o oltre diventa un’esagerazione, difficilmente controllabile a lungo andare. Fare pochi pasti al giorno non va bene, come neanche farne troppi, indipendentemente dalle quantità. Quindi come fare?
Ecco che interviene l’integrazione, molto più facilmente assimilabile per via della composizione polverosa (o capsule) senza sovraccaricare il fegato con cibo solido, già abbondantemente assunto in precedenza.
Ovviamente queste sostanze non sono affatto nocive, anzi, possono aiutare molto nella carriera di un futuro bodybuilder. È quindi importante tenere conto della loro efficacia e farne uso nei momenti giusti, sia in accompagnamento ai pasti principali che fuori da essi.

Per concludere, un numero ideale di mangiate giornaliere può essere 6 nei giorni di riposo, mentre in quelli di allenamento è possibile inserire, oltre a questi, prima e dopo della seduta dosi di integratori per stimolare la concentrazione, metabolismo e garantire un ottimo recupero delle fibre muscolari.

GLI ADDOMINALI VANNO ALLENATI DIRETTAMENTE?

Una vecchia leggenda afferma che per avere una pancia scolpita, con i famosi 6 cubetti in bella vista bisogna darci dentro con infinite serie di crunch a terra.

Ma la verità è prevalentemente un’altra: gli addominali non hanno bisogno di un allenamento diretto!
Quasi tutti gli esercizi li coinvolgono in maniera marcata, basti pensare agli squat, ai rematori, allo stacco, alle trazioni ecc. Nella maggior parte dei casi hanno una funzione di stabilizzazione dell’intero corpo, ma quando si usano carichi elevati subiscono un notevole stress. Proprio per questo motivo non ha alcun senso, se non quello di consumare prezioso tessuto muscolare, concentrarsi in maniera specifica su questa parte del corpo.

La regola primaria del Bodybuilding è il recupero, che deve essere sempre sufficiente per garantire dei miglioramenti. Se un gruppo viene sottoposto continuamente a stimoli, prima o poi cesserà di svilupparsi, entrando in una fase di stallo da cui risulta estremamente difficile uscire.
Come gli addominali, nemmeno i lombari vengono stressati direttamente con esercizi mirati, proprio perché il oro intervento viene richiesto troppo spesso. Basti pensare a tutti i movimenti della vita quotidiana!

Per sviluppare un addome di successo è importante sovraccaricare il baricentro del corpo in esercizi come lo squat ed il rematore, ma la differenza più evidente è data dall’alimentazione.
Attraverso una dieta mirata alla diminuzione del grasso corporeo e contemporaneamente alla salvaguardia della massa muscolare, è possibile mettere in risalto le sezioni addominali, quindi i tipici quadretti. Una curiosità su di essi è che non sono sempre 6 come vuole il famoso “six pack”, bensì il loro numero dipende dalla genetica, c’è chi nasce con soli 4, chi con 8 e addirittura chi con 10.

Ovviamente tutto questo deve avere luogo in mesi specifici dell’anno, rispettando i momenti più adatti per giungere allo scopo.

COME ALLENARE I POLPACCI

I polpacci sono i muscoli con la più densa composizione delle fibre di tutto il corpo, insieme agli avambracci. Esistono diverse teorie sul loro corretto stimolo indotto dall’allenamento: c’è chi non li allena nemmeno direttamente perché pensa che crescano insieme agli altri muscoli della coscia, qualcuno li inserisce in contesti sbagliati, altri li stressano con le metodiche più disparate.

Insomma se ne trovano di tutti i colori in giro per le palestre, senza che nessuno abbia una visione più ampia e soprattutto chiara sulla tematica.
Innanzitutto i polpacci non hanno alcun motivo per non essere allenati, a differenza di altri muscoli come il trapezio, i lombari o i glutei che per loro natura vengono stimolati già eccessivamente.

In secondo luogo, è importante inserire le serie dedicate nel giorno delle gambe, sempre alla fine. Questo perché i muscoli più grandi, cioè quadricipiti e bicipiti femorali hanno la precedenza, dato che sono molto dispendiosi a livello energetico.

Come ultimo punto, ma non per questo meno importante, bisogna sapere che i polpacci sono composti prevalentemente da fibre rosse (tipo I), adatte ai lavori prolungati e quindi alla resistenza. Essendo poi muscoli piccoli reagiscono al meglio con serie in isolamento e concentrazione, anche perché nella realtà dei fatti non esiste un vero e proprio esercizio multiarticolare per i polpacci. C’è chi dice che è meglio caricare tanto ed eseguire poche ripetizioni, perché questi muscoli non ricevono mai uno stimolo pesante.
Seppur questa affermazione non sia del tutto sbagliata, andare a sovraccaricare un esercizio di isolamento non è mai una buona idea, per via dello stress articolare e dei legamenti, che potrebbero fratturarsi da un momento all’altro.

Per far crescere il polpaccio la cosa migliore da fare è bloccare le contrazioni muscolari delle fibre con ingenti quantità di acido lattico. Quando si eseguono alte ripetizioni, anche oltre le 20, con una velocità costante senza punti morti e perdite di tensione, si sente verso la fine della serie un forte dolore, una specie di bruciore che diventa mano a mano insopportabile. In quel momento le fibre muscolari si lacerano, soprattutto se la fase negativa di allungamento di un esercizio viene enfatizzata, lasciando che il metabolita di scarto entri all’interno e risvegli delle cellule staminali, dette “dormienti”.
In altre parole, viene innescato il fenomeno dell’iperplasia, cioè la formazione di nuove fibre muscolari, l’unica che dona quella stondatura e qualità tipica dei culturisti, sia naturali che non.

Quindi bisogna darci dentro con serie lattacide, altamente pompanti, dolorose ma soddisfacenti, soprattutto quando si vedranno i proprio polpacci gonfiarsi!

BACK SQUAT O FRONTALE?

L’esercizio fondamentale per lo sviluppo della parte bassa del corpo, ovvero dei muscoli quadricipiti, bicipiti femorali, glutei e in parte polpacci è senza dubbio lo Squat.

Però ogni esercizio presenta della varianti, sia per quanto riguarda gli accessori usati (bilancieri, manubri ecc.) sia per la tecnica di esecuzione stessa.
Lo Squat è noto per la sua grande capacità di coinvolgimento delle fibre, a causa dei grossi carichi che si possono adottare, oltre che per l’enorme stimolo anabolico rilasciato a tutto il corpo.

Tuttavia si mostra come un esercizio complesso e pericoloso che necessita di alcuni accorgimenti, al fine di trarre i massimi benefici e minimizzare i potenziali rischi.
Per quanto concerne lo Squat va eseguito con un bilanciere, mai con i manubri. A corpo libero è ancora peggio, perché essendo un esercizio di forza necessita di carichi in aumento graduale nel tempo.

Il problema semmai sorge dove appoggiare l’asta: davanti o dietro il collo? Quindi è meglio fare le accosciate frontali o tradizionali? A primo impatto può sembrare che cambi poco o nulla da una variante all’altra, ma chi le ha provate sa benissimo che tenere un peso sulla parte alta del torace non sarà mai come appoggiarlo comodamente sulla zona del trapezio. Questo implica che i pesi utilizzati siano inferiori nella prima, limitando notevolmente lo scopo principale dell’esercizio in sè.
La versione tradizionale, cioè con l’asta dietro, permette inoltre di coinvolgere molto meglio il grande gluteo, il muscolo più forte in assoluto del corpo umano, per via della traiettoria leggermente deviata dal baricentro.

Ovviamente la discesa va sempre fatta completa, cioè arrivando quasi a toccare il pavimento, con le cosce che formano un angolo ben al di sotto dei tipici 90°. Solo in questo modo è possibile allungare notevolmente le fibre e dare uno stimolo adeguato alle gambe.

In conclusione, lo Squat è molto più efficace nella versione tradizionale, che rispecchia la posizione naturale del corpo e del suo movimento in accosciata. Quella frontale può essere una propedeutica per imparare l’esecuzione in maniera corretta, con pesi leggerissimi, ma non prenderà mai il posto del fratello maggiore.

QUANTE VOLTE A SETTIMANA ALLENARE UN MUSCOLO?

Uno dei dubbi più grandi che circondano gli amanti della palestra riguarda il numero di allenamenti ideale per ogni gruppo muscolare. Un tema molto importante nell’ambito del culturismo naturale, perché senza l’ausilio di sostanze androgene è necessaria una logica di base.

Il Bodybuilding non è matematica, quindi non bisogna credere a formule o calcoli particolari per trovare la giusta strada. Bisogna piuttosto basarsi su quella che è la realtà, sui fattori fisiologici dell’uomo, sulla sua evoluzione. Stando ai fatti concreti è possibile idealizzare una risposta più o meno esatta alla domanda di questo articolo, dico più o meno per il semplice motivo che ogni soggetto è diverso, quindi non esiste una soluzione universale che vada bene per tutti.

Il principio essenziale su cui si fonda la crescita di un muscolo non è l’allenamento, bensì il recupero. Durante una seduta qualsiasi di palestra, le fibre vengono attivate e stimolate, le quali per svilupparsi necessitano di un ampio tempo di riposo. Quanto? Sicuramente non 1/2 giorni. Questo perché il nostro organismo è progettato per avere degli adattamenti nel tempo, avendo a disposizione delle risorse alquanto limitate. Basti pensare ad una ferita qualunque, un taglio, una lesione; il corpo non ripara i danni in così poco tempo. Lo stesso discorso si può fare per le cellule muscolari, che se stressate a dovere impiegano diversi giorni per ricostruirsi più grosse e forti di prima.

Cosa succede se un muscolo viene allenato ma non gli si lascia il giusto tempo di riposo? Semplicemente non cresce. Inoltre se questa situazione si protrae nel tempo, le fibre tenderanno solo a consumarsi, rischiando di portare l’intero organismo in una fase di stallo permanente.
Ovviamente ci sono altri parametri da considerare, come ad esempio la grandezza dei gruppi in questione, la tipologia di fibre, la genetica ecc. ma sono discorsi relativi.

Il numero di volte ideale di allenamenti per un dato muscolo è di una volta alla settimana, sia diretti che indiretti. In altre parole, se il lunedì si eseguono le distensioni su panca piana, che coinvolge per natura pettorali, deltoidi e tricipiti, bisogna evitare assolutamente di coinvolgere questi distretti nei giorni successivi. Nel frattempo ci si concentra su altri gruppi, magari quelli della schiena o delle gambe, in modo da non perdere tempo prezioso e non interferire nel processo di crescita degli altri.

Naturalmente il recupero muscolare non dura esattamente 7 giorni, anzi. A volte e spesso anche meno, dipende da moltissimi fattori, ma il ciclo settimanale è l’unico che permette un’ottima organizzazione e suddivisione dei gruppi per massimizzare i risultati.

CARICO E SCARICO CARBO

A seconda delle stagioni dell’anno, occorre porre molta attenzione a ciò che si mangia, sia per la costruzione muscolare sia per la definizione e riduzione del grasso corporeo.
La differenza più grande è data dai glucidi (o carboidrati), perché sono il motore del nostro organismo. Grazie ad essi ricaviamo ingenti quantità di energia per poter spingere in palestra, le cui molecole vengono immagazzinate all’interno delle nostre cellule muscolari ed epatiche sotto forma di glicogeno.

Nel periodo di massa invernale, che va da inizio settembre a fine febbraio di ogni anno, l’obiettivo è l’aumento di peso corporeo a livello globale e quindi la crescita dei gruppi muscolari. Per riuscire nell’intento è fondamentale mangiare più del normale, in modo costante e graduale per arrivare a coprire tutti i 6 mesi.
Tuttavia, ogni tanto è buona regola staccare leggermente da questo surplus (o eccesso) di calorie, perché il corpo difficilmente può sostenere per un periodo così lungo un ritmo del genere.
Ecco che si parla di scarico dei carboidrati. In pratica, una volta a settimana è bene ridurre le dosi di pasta, pane o riso, senza però azzerarle! C’è chi afferma che un giorno ogni sette non è abbastanza, ma ricordiamo che siamo in fase di massa, il tempo è prezioso e va usato a fondo per mettere su chili e chili di peso, sia di massa magra che massa grassa. Quest’ultima ovviamente non dovrebbe superare una certa soglia (diciamo del 15%) perché poi bisogna anche dimagrire senza perdere troppo tessuto muscolare, che non è facile!

Nel periodo di definizione estiva, che va da inizio marzo a fine agosto, si ragiona esattamente al contrario. Dopo aver raggiunto misure più ampie su braccia, petto, schiena, gambe ed in generale su tutto il corpo arriva il momento di mettere in risalto le sezioni muscolari.
Molti pensano che per dimagrire bisogna togliere completamente questi alimenti dalla propria dieta e andare avanti con le proteine ed i grassi. In realtà è un pensiero sbagliatissimo, perché il corpo senza una fonte di energia non funziona: il metabolismo rallenta eccessivamente e non brucia più calorie in eccesso. In pratica si ottiene solo l’effetto opposto, cioè si ingrassa. Per questa ragione i carboidrati vanno solamente ridotti, in modo da perdere peso gradualmente nei corso dei 6 mesi successivi.
Tuttavia il corpo ha bisogno di alcune ricariche ogni tanto, perché non è possibile tirare avanti a lungo in carenza di glicogeno. Ecco che si parla di carico dei carboidrati, cioè di un leggero aumento delle dosi ricche di glucidi. Anche qui è sufficiente farlo una volta ogni settimana, mangiando un po’ più liberamente (anche qualche dolce o la tipica pizza), in modo da ripartire freschi, carichi, motivati e con un metabolismo accelerato.

In sostanza, attraverso un giusto dosaggio di carboidrati è possibile fare la differenza tra un periodo di massa ed un periodo di definizione, fondamentali per la costruzione del fisico da bodybuilder.

TRAZIONI ALLA SBARRA E SCHIENA A V

Da anni il movimento di tirata verticale è considerato l’esercizio migliore per lo sviluppo dei dorsali, i muscoli piatti più grandi del corpo umano. Si pensa che le trazioni donino la tipica forma a V della schiena, come se fossero delle ali. Ma la verità è un’altra.

Prima di tutto, la forma di un muscolo è data dalla genetica del soggetto, e non è modificabile. Se uno nasce con i bicipiti corti, tali rimangono. L’unica cosa possibile è svilupparli, cioè renderli più grandi e forti.
Quindi nel caso dei dorsali, quando crescono assumono la forma a V per la loro natura, non grazie ad un particolare esercizio.

​In secondo luogo, le trazioni alla sbarra non sono la chiave per una schiena degna da bodybuilder. Esse agiscono sicuramente sui dorsali e altri piccoli muscoli come i deltoidi posteriori, ma non coinvolgono la zona lombare.
Esistono poi diverse prese o impugnature per svolgere quest’esercizio. Quella supina (pollici verso l’esterno) in particolare, che coinvolge marcatamente i bicipiti e permette un grande allungamento dei muscoli, ha un difetto a livello biomeccanico della struttura articolare che può causare parecchi infortuni o infiammazioni a lungo andare. La presa prona (pollici verso l’interno) è invece molto sicura, però non lavora sull’intero movimento di allungamento del dorsale, limitandone la crescita.

Infine le trazioni alla sbarra solitamente vengono svolte a corpo libero, perché i sovraccarichi risultano molto scomodi. Il dorsale essendo un muscolo composto prevalentemente da fibre bianche (tipologia II) necessita di sforzi brevi ma intensi, per cui non è pensabile caricare pesi eccessivi su una struttura non adatta allo socpo. Alcuni pensano di risolvere passando alla lat machine, dimenticando però che sebbene l’esecuzione possa sembrare uguale cambia notevolmente l’impatto sui gruppi. In altre parole, tirare su se stessi non è come tirare giù il proprio peso.

Esiste un altro esercizio, il rematore a busto flesso con bilanciere che, se svolto bene, elimina ciascun difetto delle tirate, sia in termini di sicurezza che sviluppo muscolare. Ma questa è un’altra storia…

QUANTE RIPETIZIONI IN PALESTRA?

Una delle domande più frequenti in tema di culturismo riguarda il numero di ripetizioni che bisogna eseguire per mettere su massa muscolare.

Innanzitutto c’è da sapere che il numero esatto non esiste, bensì trovano posto delle linee guida, che cercano di avvicinarsi il più possibile per ottenere il miglior risultato.
Il Bodybuilding non è matematica, non utilizza formule o calcoli, ma si basa su dei principi che bene o male rispecchiano la fisionomia umana di ogni soggetto. Certo è che ciascuna persona è diversa dall’altra, persino i gemelli stessi, ma ciò non toglie che ci siano delle regole marginali e universali.

​Arrivando al dunque, si può affermare che le ripetizioni in palestra devono seguire una logica ferrea.
In particolar modo lo schema di base è il seguente:
sotto le 7 servono per lo sviluppo della forza e l’attivazione del sistema nervoso;
sopra le 8 sono utili per pompare a fondo i gruppi muscolari.
Il motivo è basilare. Più i carichi sono elevati e meno ripetute si possono fare, ovviamente. E lo sviluppo della forza richiede come parametro principale proprio il carico e la sua grande entità, in modo da attivare tutti i tipi di fibre muscolari (sia I che II).

Il concetto di ripetizioni è strettamente legato e dipendente dalla durata della serie stessa, quindi dal tempo sotto tensione (TUT). Per mantenere attivo il sistema energetico anaerobico alattacido (quello responsabile degli sforzi intensi ma brevi) si devono usare pesi che non permettano di protrarre la serie a lungo. Supponendo un’esecuzione lenta in fase eccentrica ed esplosiva in fase concentrica, in media 3 secondi totali a ripetizione, non si dovrebbero mai superare i 30 secondi sotto tensione. Da qui nasce il numero 7 come limite teorico (in quanto 3 sec x 7 rip = 21, decisamente dentro all’estremo). Inoltre se si considerano anche le soste brevi (lock-out), i secondi sotto tensione effettivi saranno ancora meno, beneficiando notevolmente il lavoro di forza.

Le alte ripetizioni tendono a produrre un metabolita di scarto, l’acido lattico, che blocca le contrazioni muscolari. Esse sono utili per portare ingenti quantità di sangue alle fibre ed ottenere la fantastica sensazione di pompaggio, principalmente attraverso esercizi di isolamento e concentrazione, con una cadenza né lenta né esplosiva, ma controllata in tutto il movimento dall’inizio fino alla fine.
Bisogna sentire una specie di bruciore muscolare, un dolore come se le fibre si stessero per strappare, a differenza dei lavori di forza dove sostanzialmente lavorano le scariche neuronali del cervello.
Per ottenere questo effetto bisogna che la singola serie sia prolungata, anche oltre al minuto se necessario, senza alcun tipo di sosta o blocco articolare, quindi i carichi pesanti vanno banditi a favore di quelli medio-leggeri.

IL SEGRETO DELLA PANCA PIANA

Uno degli esercizi più popolari in tutto il mondo del culturismo è la spinta con bilanciere su panca piana, in cui è possibile allenare molti muscoli all’unisono, quali pettorali, tricipiti e deltoidi con carichi pesanti.

Sebbene sia adottato con regolarità da praticamente il 99% degli atleti, davvero in pochi sanno come si esegue al meglio. Da sempre viene insegnato che bisogna formare un lieve arco della zona lombare, addurre le scapole e tenere i piedi ben saldi a terra. E fin qui nulla di sbagliato.

Purtroppo a volte nemmeno questo viene concepito, ad esempio c’è chi sostiene che bisogna tenere le gambe appoggiate su un rialzo o sulla panca stessa, chi dice che l’arco non va fatto o altre sciocchezze simili.

Tuttavia non basta sapere ciò per poter usufruire al massimo da un esercizio come questo.
Bisogna chiarire fin da subito che un bodybuilder naturale non deve seguire le regole prescritte da federazioni, come quelle del powerlifting, in cui per esempio è richiesto sempre un fermo al petto di qualche secondo. Non è il suo campo, ed è giusto che faccia in modo che sia meglio per se stesso, e non per vincere una gara.
Lo stesso identico discorso vale per la posizione delle natiche, che non devono per forza stare appoggiate alla panca, anzi.

Sulla base di questi due concetti, che possono sembrare banali, si costruisce il trucco che sostiene l’esecuzione migliore in assoluto della panca:
un leggero rimbalzo al petto;
un arco lombare enfatizzato.
Evitando il fermo del bilanciere è possibile sfruttare il riflesso miotatico delle fibre muscolari in fase negativa, in modo da partire con una positiva molto rapida ed efficace per il reclutamento. Inoltre, le spalle non subiranno uno stress inutile.
Per quanto riguarda l’arco lombare, forse l’aspetto chiave, bisogna formare una sorta di panca declinata, cioè inclinata al contrario. In pratica spingendo a terra con le gambe, per avere una grande stabilità è possibile alzare il sedere creando un’inarcamento maggiore. Questo permette di far gravare il peso sulla parte bassa del petto, quella più forte, mantenere un’adduzione delle scapole più salda e soprattutto spingere carichi maggiori. Tutto questo in piena sicurezza, al contrario di quello che si pensa!

Una ripetizione efficace quindi consiste nell’abbassare lentamente il peso al petto mentre le natiche si staccano dalla panca, effettuare un leggero rimbalzo e spingere in modo esplosivo. Alla fine volendo si può riposizionare il sedere un attimo, prendere fiato e ripartire con la seconda ripetizione. Così anche per la terza, quarta ecc.
Solo in questa maniera è possibile sfruttare a pieno le potenzialità offerte da questo fantastico esercizio!

ALLENAMENTO GAMBE DA SOLE?

Molti non sanno come abbinare correttamente i gruppi muscolari nella propria scheda di allenamento, quando invece è un aspetto di primaria importanza nell’ambito naturale.
Certo, gli atleti supportati da dosi massicce di farmaci dopanti, illegali e dannosi per la salute, possono andare in palestra quante volte vogliono, seguire esercizi puramente casuali, ed ottenere comunque uno sviluppo muscolare. Ma non bisogna mai dimenticare che questi risultati, prima o poi spariranno, perché sono solamente illusori e frutto di ignoranza.
Quello che viene costruito con fondamenta solide, quali una logica di base, dedizione e costanza porta i benefici permanenti e soprattutto veritieri.

Un aspetto molto importante riguarda l’allenamento delle gambe. Essendo metà del corpo, non possono essere stressate contemporaneamente con altri muscoli, cioè all’interno della stessa seduta non possono essere mischiati esercizi per la parte superiore del corpo con quelli della parte inferiore.
Il motivo è molto semplice: vi sarebbe una notevole perdita di concentrazione ed energia per poter lavorare, in modo produttivo, ogni tipo di fibra di gruppi completamente differenti.

Ad esempio, se ad inizio allenamento si eseguono delle serie di distensioni per il petto, tricipiti o anche per le spalle si consumerà una certa quantità di risorse. Questo è molto evidente se si usano carichi elevati per attivare le fibre bianche (o di tipo II), che sono quelle più potenti ed ipertrofizzabili, e quindi più dispendiose.
Andando avanti con l’allenamento insorgerà ovviamente la fatica, sia mentale che fisica. Se nelle prime serie l’efficienza è al 100%, verso la fine della seduta sarà sicuramente minore, logicamente.
Il punto del discorso è che nel momento in cui le energie vengono a mancare, non è possibile effettuare un lavoro proficuo, specialmente sulle fibre ad alta soglia di attivazione di muscoli nuovi, in questo caso le gambe. A meno che non siano già state stressate all’inizio, quando la produttività era massima!

Per farla breve, un muscolo necessita di un lavoro completo a livello delle fibre, sia per quanto riguarda quelle adibite agli sforzi pesanti sia quelle adibite al pompaggio. Ma quelle bianche possono essere attivate al meglio quando si è freschi, in piena forza, e cioè ad inizio della seduta.
Successivamente, ha senso concentrarsi in maniera singolare ed isolata sui distretti attivati prima, e non altri. Eseguendo delle serie caricate di squat, non ha senso andare poi a fare delle tirate per i dorsali!

Per concludere, le gambe vanno allenate sempre un giorno a parte, da sole. Solo in questo modo è possibile ottenere il pieno reclutamento delle fibre e svolgere un ottimo lavoro.

PANCA INCLINATA PER LA FORZA DI SPINTA?

Un esercizio molto amato dai frequentatori della palestra rigurda le spinte (o distensioni) su panca inclinata, sia con i manubri che con il bilanciere.
In modo facilmente intuibile, la differenza dalla versione base ricade sull’inclinazione della panca stessa, al fine di reclutare diversi distretti muscolari.

In particolar modo si va a porre maggiore enfasi sulla parte alta del petto, oltre che sui deltoidi frontali. Entrambe le sezioni muscolari sono caratterizzate principalmente da fibre rosse (dette anche di tipo I), ovvero adatte alla resistenza e al pompaggio.

Il problema sorge qualora si utilizzi la panca inclinata per scopi di pura forza, a basse ripetizioni.
Maggiore è l’inclinazione della panca, maggiore sarà il lavoro a carico delle spalle, specialmente sulla sezione frontale, cioè quella più delicata e fragile del corpo. In altre parole, ci si avvicina alle distensioni sopra la testa (military press o lento avanti) in cui i pesi elevati non funzionano bene, anche perché mettono in serio pericolo le articolazioni.

Le spinte inclinate possono essere eseguite in vari modi: tramite il classico bilanciere, i manubri o anche ai macchinari appositi. Forse quello più pericoloso è il primo, perché senza l’aiuto di uno spotter si rischia di rimanere schiacciati dal carico. Nella versione con i manubri i pesi saranno più leggeri per via della stabilizzazione delle singole braccia (le quali essendo separate non possono aiutarsi a vicenda come avviene invece nell’asta), ma permettono un’allungamento maggiore del muscolo.
I macchinari risultano essere i migliori, sia per quanto riguarda la sicurezza sia per l’isolamento indotto a livello delle fibre.

Resta il fatto che qualunque tipo di versione della panca inclinata non è adatta a carichi elevati.
L’esercizio principe della forza muscolare nel movimento di spinta è da sempre la panca piana, eseguita comunque in un certo modo, in cui si può sfruttare la sezione bassa del petto (quella ricca di fibre bianche esplosive o di tipo II) e dei tricipiti, insieme ai deltoidi anteriori in piena sicurezza.

Proprio per questo motivo, dopo un lavoro di base, è sufficiente allenare in modo isolato la parte alta del petto, tramite macchine o cavi, senza eseguire delle distensioni su panca inclinata.

CHEATING?

Una pratica molto comune dell’allenamento in palestra è quello di aiutarsi con slanci e rimbalzi, per poter completare qualche ripetizione extra durante l’esecuzione di un esercizio.
Il termine inglese “cheating” significa imbrogliare, e si riferisce proprio alla corretta tecnica di esecuzione, che viene compromessa al fine di poter fare qualcosa in più.

Tuttavia questa è una strategia a doppio taglio: può essere molto utile e produttiva, come può anche rivelarsi estremamente pericolosa e dannosa. Tutto sta nella sua corretta applicazione.
Alcune forme di cheating più popolari sono il rimbalzo del bilanciere al petto nella panca piana, lo slancio all’indietro durante i curl per bicipiti e l’inarcamento eccessivo della schiena durante le distensioni sopra la testa. Ovviamente ne esistono tanti altri.

Per poter dare una risposta precisa è molto importante considerare il motivo di fondo di questa tecnica. Riuscendo a completare alcune ripetizioni in più, a parità di peso, lo stimolo muscolare indotto sarà maggiore.
Il problema è che il cheating viene sempre inteso come cedimento, ovvero che vada usato solamente alla fine della serie per enfatizzare il lavoro. Ma non è affatto così.

Il ragionamento alla base di questa strategia è totalmente differente, noto a pochissime persone. La sua reale utilità non sta nel riuscire ad aumentare l’intensità della serie, perché questo comporta un eccessivo stress al sistema nervoso centrale, che ha il compito di coordinare i gesti motori. Se il cheating venisse utilizzato ogni volta per oltrepassare la soglia del cedimento muscolare, ci si troverebbe ben presto in una fase di completo stallo, dato che il corpo possiede di natura delle risorse alquanto limitate.

Risulta molto più efficace inserirlo fin dalle prime ripetizioni, in quegli esercizi dove non c’è bisogno di isolare alcun muscolo, ma l’unico obiettivo è quello di sollevare carichi elevati, vale a dire nei multiarticolari.
Ovviamente non serve arrivare al limite, sia per il motivo sopra, sia perché già con un’esecuzione normale si rischiano infortuni, figuriamoci con gli aiuti. Inoltre, bisogna imparare subito a padroneggiare questa tecnica con carichi più leggeri, e solo dopo inserirla in maniera definitiva.

Negli esercizi piccoli invece, il cheating perde senso. Dovendo riempire i muscoli di acido lattico al fine di innescare importanti fenomeni di crescita è fondamentale tenere le fibre sotto una tensione continua. Questo risulta possibile solo senza alcun rimbalzo o slancio, matenendo un’esecuzione controllata in ogni parte del movimento.

ESERCIZI MULTIARTICOLARI

In palestra vi è da sempre una vastissima scelta degli esercizi. La maggior parte è formata da quelli che coinvolgono più di un’articolazione, i cosìddetti multiarticolari.
Essi permettono di gestire carichi più elevati e di coinvolgere un maggior numero di fibre all’unisono, migliorando la coordinazione motoria del gesto tecnico oltre che l’efficienza del sistema nervoso.

Per questo motivo gli esercizi composti sono adatti a lavori pesanti, per lo sviluppo della forza. Tuttavia bisogna sempre scegliere quelli migliori per la propria scheda di allenamento, tenendo conto che nel Bodybuilding Naturale la differenza la fanno gli esercizi di isolamento, con serie altamente pompanti. Solo con esse è possibile gonfiare i muscoli ed innescare processi di crescita di nuove fibre (iperplasia).

Negli esercizi di forza non ha senso ragionare per gruppo muscolare allenato, perché ne vengono coinvolti sempre almeno 2. Di conseguenza risulta molto più corretto pensare in termini di movimento, di gesto tecnico. Ad esempio, non si parla di pettorali, spalle o tricipiti ma semplicemente di panca piana.

Esistono principalmente due tipi di movimento: spinta e tirata. Nel corpo umano vi sono innumerevoli angolazioni su cui è possibile agire, sempre sulla base di tali gesti. Basti pensare alle distensioni sopra la testa, su panca inclinata, declinata o piana! Questo non significa che la forza vada allenata su tutte queste variazioni, anzi. Va considerato quell’esercizio in cui è possibile sollevare il maggior carico per reclutare tutte le fibre muscolari relative a quel movimento. In particolare ce ne sono 2 per la parte superiore, e uno per la parte inferiore:
panca piana;
rematore;
squat.
Il primo è da considerarsi la base della spinta, in cui vengono attivati pettorali, deltoidi frontali e tricipiti.
Il secondo è l’esatto opposto del primo, ovvero riflette il movimento di tirata per eccellenza. Motivo per cui l’esercizio base non è lo stacco, sebbene permetta carichi maggiori.
Il terzo e ultimo infine, attiva come nessun altro tutti i muscoli delle gambe in un unico gesto di spinta, quindi il movimento di trazione non va considerato .

Tramite queste 3 esecuzioni è possibile coinvolgere l’intera muscolatura del corpo umano, in modo selettivo e giusto a livello biomeccanico. Tutti gli altri esercizi multiarticolari si basano su di loro, ma non sono fondamentali in un allenamento. Ad esempio la panca inclinata e le trazioni alla sbarra, dopo aver allenato rispettivamente panca piana e rematori, sarebbero solo una sorta di doppione. Stesso discorso per la pressa e lo squat, due movimenti praticamente uguali solo su piani differenti.
E nel Bodybuilding questo aspetto conta molto, cioè evitare le sovrapposizioni inutili.

Risulta molto più produttivo concentrarsi in maniera singola sui gruppi muscolari che vengono attivati nei 3 grandi esercizi di forza, variando anche gli esercizi e le relative angolazioni.

VELOCITA’ DI ESECUZIONE

In palestra si vedono esecuzioni di ogni tipo: pesi che vengono fatti rimbalzare con forza, slanci del corpo impressionanti e cadenze molto veloci senza un minimo controllo.

Una ripetizione è formata principalmente da due movimenti (quattro se si considerano anche i punti di massimo allungamento ed accorciamento):
fase positiva o concentrica;
fase negativa o eccentrica.
Ciascuna di esse riveste una funzione importante all’interno di un allenamento, prima però bisogna conoscere alcuni principi legati ai diversi tipi di esecuzione. In particolare, più un esercizio viene svolto lentamente e più controllo si ha sui muscoli, aumentando il tempo sotto tensione a parità di numero di ripetizioni rispetto ad una esecuzione più veloce. Se ad esempio per completare una serie da 10 si impiegano solitamente 20″, con una cadenza più calma ci vorrà sicuramente più tempo, oltre 30″.
Tuttavia per mantenere lo stesso numero di ripetizioni, il carico va necessariamente ridotto! E questo può essere un problema, perché si rischia di scendere oltre un certo livello di intensità, andando a svolgere un lavoro poco produttivo per l’innesco di fenomeni di crescita muscolare.

Una cadenza veloce invece permette di sfruttare carichi maggiori per via di eventuali slanci o rimbalzi, e di compiere un numero maggiore di ripetizioni (a parità di peso) rispetto ad una esecuzione lenta. Tuttavia lo stimolo a livello delle fibre non è concentrato, ovvero si hanno notevoli perdite di tensione durante l’esecuzione, un punto molto critico se l’obiettivo è quello di esaurire i singoli muscoli per svilupparli.

Inoltre, una ripetizione negativa non equivale ad una positiva. Può sembrare strano a primo impatto, ma la parte eccentrica di un movimento qualsiasi (ad esempio una discesa nello squat o nella panca piana) genera sempre una forza maggiore, di circa il 30%. In altre parole, è molto più facile rallentare la caduta di un peso che spingerlo. Quindi se in una serie si arriva al cedimento concentrico, ovvero quando non si riesce più a completare la parte positiva, è comunque possibile trattenere la fase negativa per un po’ di tempo.

Sulla base di questo è possibile associare ad ogni ripetizione una cadenza specifica, ovvero una velocità di esecuzione delle singole parti che la compongono, al fine di ottenere un miglioramento per quanto riguarda la forza ed il pompaggio, i due parametri fondamentali del Bodybuilding.

In particolare, negli esercizi composti in cui si possono usare carichi elevati:
la fase eccentrica, se eseguita lentamente, risulta utile per generare tensioni alte;
la fase concentrica invece, se eseguita con un movimento esplosivo e rapido, permette l’attivazione di tutte le fibre muscolari.
Negli esercizi minori, in cui l’obiettivo è quello di isolare un singolo distretto:
sia la fase positiva che la fase negativa vanno controllate, senza alcuna sosta articolare o perdita di tensione, in modo da produrre grandi quantità di acido lattico e ottenere l’effetto del pompaggio.

Solo in questo modo è possibile lavorare sul fisico a 360°, in modo completo e logico.

COME ALLENARE LE SPALLE

Troppa gente continua a spingere carichi immensi sopra la testa, con bilancieri, manubri e macchinari di ogni tipo, sperando di sviluppare spalle grosse e stondate, tipiche da bodybuilder.

Se questo modo di fare sia giusto o sbagliato non c’è alcun dubbio, dato che la struttura ossea chiamata in causa è una delle più complesse e delicate del corpo umano. Carichi pesanti non sono mai la giusta via per questo tipo di cose.
Sostanzialmente, a livello muscolare, la spalla è divisa in 3 sezioni:
frontale;
laterale;
posteriore.

Ognuna di esse va presa in considerazione, ma con allenamenti differenti.
La parte anteriore è probabilmente la più fragile e soggetta ad infiammazioni, un motivo per cui necessita di particolare attenzione. Essendo un muscolo presente in tutti i movimenti di spinta, specialmente in quello della panca piana dove si usano pesi consistenti, non necessita nemmeno di un allenamento specifico. Stress esagerati servirebbero solo per compromettere la sua salute.

La parte laterale è forse quella più importante che un culturista dovrebbe sempre tenere in considerazione. L’effetto principale del suo sviluppo è quello di donare ai deltoidi una forma gonfia e tonda, data la maggior presenza di fibre rosse resistenti. Il lavoro più adatto è quindi quello di svolgere serie ad alte ripetizioni su esercizi in isolamento (alzate laterali ai cavi, manubri ecc.) per irrorare i distretti di sangue e innescare un forte pompaggio.

La sezione posteriore, infine è quella che controbilancia la parte frontale. I movimenti di tirata come rematori, trazioni o pulley li coinvolgono, ma hanno bisogno di un allenamento mirato per donare un aspetto tridimensionale alle spalle, soprattutto da una vista laterale. Inoltre, evitano che il corpo assuma una postura cifotica a lungo andare, proiettata in avanti. Anche qui vale la regola delle alte ripetizioni con carichi leggeri e tanta produzione di acido lattico.

Le spalle sono una struttura molto gracile per cui i carichi pesanti non servono! Attraverso il pompaggio è possibile costruire deltoidi belli definiti e grandi, senza andare a danneggiare alcun tessuto o legamento ed evitando infortuni.

STACCO DA TERRA: FONDAMENTALE?

Un esercizio da sempre ritenuto alla base di ogni allenamento è lo stacco da terra, in quanto permette di attivare quasi tutti i muscoli del corpo in un unico movimento.
Grazie a questo motivo è possibile usare carichi pesantissimi per stimolare le fibre bianche, quelle più ipertrofizzabili e aumentare la massa globale.

L’esercizio consiste nel posizionare un bilanciere carico a terra che, mediante la forza esercitata principalmente da gambe e schiena, andrà staccato, cioè sollevato e portato in posizone eretta davanti al proprio corpo. L’asta è impugnata con le mani in una presa ben salda, andando a sovraccaricare notevolmente anche gli avambracci.

Tuttavia nel Bodybuilding naturale si ragiona per gruppi muscolari, non per esercizio. Questo vuol dire che se lo stacco da terra attiva sia la parte inferiore sia la parte superiore, per dare uno stimolo adeguato bisognerebbe allenare in modo isolato ogni singolo distretto precedentemente attivato. Ciascun gruppo attivato con carichi pesanti necessita sia di serie pompanti, altrimenti sarebbe un lavoro a metà.
Quindi i muscoli delle gambe andrebbero stressate insieme a quelli della schiena, secondo la logica dello stacco.

Il problema risiede proprio qui: due aree così vaste non possono essere inserite nello stesso giorno, per vari motivi. Il primo è la concentrazione e l’energia richiesta: se si stressa come si deve la parte inferiore (costituita da quadricipiti, femorali, glutei e polpacci) la schiena ne risentirà, o viceversa.
Di conseguenza lo stimolo indotto non sarà adeguato per una parte del corpo, e quindi niente crescita.
Inoltre c’è un grande rischio di andare a sovrapporre questi muscoli negli allenamenti successivi, a meno che non ci si alleni solo 2 volte alla settimana.

Si potrebbe risolvere in parte questo problema del reclutamento, adottando una esecuzione dello stacco parziale, ovvero partendo da una posizione rialzata rispetto al pavimento. In questo modo si esclude il lavoro a carico delle gambe, concentrando tutto sulla parte superiore.

Rimane comunque una condizione sbagliata: il modo in cui i muscoli vengono attivati. Sebbene tutta la sezione della schiena venga chiamata in causa nell’esecuzione dello stacco, alcuni gruppi non vengono stimolati nel loro arco di movimento completo, ad esempio dorsali e trapezio. Anche le braccia mantengono una posizione statica, limitando il lavoro dei bicipiti e avambracci. Essi rispondono decisamente meglio ad un lavoro di tirata uguale e contrapposto a quello della spinta su panca piana.

In particolare, l’esercizio più adatto è il rematore con bilanciere, che mantiene i benefici dello stacco (quindi carichi alti) ma coinvolge in maniera più naturale e profittevole i singoli muscoli della catena di tirata.

CARICHI LEGGERI: UTILI?

La convinzione più grande che si ha quando si parla di masse muscolari è che per il massimo sviluppo occorre sviluppare una tale forza da gestire carichi immani.
Sebbene ci sia una correlazione tra forza e massa, non è esattamente come si pensa.

L’esempio più concreto e reale dal punto di vista pratico è la differenza tra i sollevatori di potenza (powerlifters) ed i culturisti (bodybuilders).
I primi utilizzano carichi di gran lunga maggiori per un basso numero di ripetizioni, ma hanno muscoli meno sviluppati dei secondi. Tutto questo a parità di grasso corporeo, e se vogliamo, anche di sostanze dopanti.
Se la forza fosse il parametro più importante, i powerlifters dovrebbero avere fisici molto più grandi dei bodybuilders, invece si vede ovunque che non è così. Genetica? Sicuramente un minimo sì, ma non sufficiente a spiegare tali colossali differenze.

La chiave sta nell’uso di pesi relativamente leggeri, che permettano di completare molte ripetizioni e produrre acido lattico nei muscoli. Questo elemento di scarto prodotto dal corpo blocca la contrazione delle fibre, nel momento in cui non è più possibile continuare a svolgere il lavoro. Nelle ultime ripetizioni, le più dolorose e faticose, vi è infatti una grande produzione di acido che innesca fenomeni di crescita all’interno dei singoli distretti, penetrando all’interno delle fibre lacerate e svegliando alcune cellule nuove che, con il recupero dei giorni successivi, avranno modo di formarsi.

Questo processo, alla base del pompaggio muscolare, è la vera svolta del Bodybuilding. Masse muscolari enormi, di qualità, stondate e tirate sono i principali effetti.
I carichi pesanti sono pur sempre importanti, ma per altri aspetti, ad esempio nella costruzione di un fisico granitico e denso all’apparenza, oltre che nel miglioramento delle capacità motorie del sistema nervoso.
Un allenamento ben strutturato prevede una base di forza minima nei 3 esercizi panca piana, rematore e squat, corrispondenti ai tre movimenti principali del corpo umano. Tutto il resto è completato da esercizi leggeri, altamente pompanti e gratificanti a livello di sensazioni.
Se dovessimo stabilire una proporzione azzardata tra i due parametri, possiamo dire un 25% circa di forza ed il restante 75% di pump.

Da non dimenticare: nel Bodybuilding il peso è un mezzo, non il fine.

REMATORE CON BILANCIERE

L’esercizio fondamentale per lo sviluppo della schiena del corpo è il rematore con bilanciere, perché coinvolge tutti i muscoli della catena di tirata. Dorsali, trapezio, deltoidi posteriori, bicipiti, avambracci, lombari sono sottoposti contemporaneamente a stress molto pesanti.

Molti pensano che lo stacco da terra sia l’esercizio base per i muscoli del dorso, ma questo ragionamento è sbagliato. Prima di tutto perché non è un movimento di sola tirata, ma comprende anche la parte di spinta delle gambe. Per ovviare a questo si potrebbe passare ad uno stacco da terra rialzato, ma resterebbe comunque un problema di fondo per quanto riguarda il lavoro diretto sui muscoli.
Sebbene lo stacco permetta carichi superiori al rematore, alcuni gruppi vengono reclutati solo in modo statico, quali i dorsali, bicipiti, trapezio e anche i deltoidi posteriori.

Nel rematore questo non accade, perché sfrutta il completo accorciamento e allungamento di ogni movimento adibito a quel movimento di tirata. Infatti non a caso quest’esercizio è l’esatto opposto della panca piana. Tuttavia la sua esecuzione non è per nulla facile e va assolutamente imparata al meglio, per evitare potenziali infortuni a livello articolare.

Innanzitutto il bilanciere non parte mai da terra come si vede spesso fare, ma va collocato su dei supporti (altezza poco sotto le ginocchia). In questo modo è possibile partire da una posizione già idonea pronti per eseguire la sola e unica fase di tirata in tutta esplosività.
Ad ogni ripetizione, il peso va riappoggiato! Questo sia per togliere stress alla bassa schiena, sia per sfruttare una specie di pausa momentanea come avviene nella panca piana e nello squat (il cosìddetto lock-out). Il bilanciere deve toccare la parte bassa degli addominali, sotto l’ombelico, in fase positiva, e scendere in modo lento e controllato per enfatizzare la fase negativa.
Ovviamente l’iperestensione lombare va sempre mantenuta per evitare danni alla colonna vertebrale, soprattutto perché il rematore è un esercizio di forza in cui si usano carichi elevati.
La schiena non deve essere parallela al terreno, ma sempre leggermente inclinata.
Infine, la presa migliore è quella supina (pollici verso l’esterno) larghezza spalle o poco più, perché permette un maggior coinvolgimento dei bicipiti a fine movimento, e quindi l’utilizzo di pesi maggiori.

COME ARRIVARE AI 100 CHILI DI PANCA

Una soglia molto attesa da chiunque palestrato è quella dei 100Kg di panca piana, l’esercizio di spinta della parte superiore per eccellenza.
Nella realtà, sebbene possa sembrare un numero molto grande, è solo l’inizio e non un traguardo perché arrivare a spingere un tale peso non è affatto difficile come si pensa

Innanzittutto bisogna puntualizzare che si parla sempre di Bodybuilding, non Powerlifting. La forza non è mai ricercata come obiettivo primario, sebbene abbia una certa importanza per lo sviluppo di un fisico solido.
Gli allenamenti seguono la via della monofrequenza (ogni muscolo viene stressato una volta sola nell’arco della settimana), perciò l’aumento della forza muscolare è una conseguenza di alcune strategie adottate sul campo.

Il fattore più importante è l’aumento di peso corporeo globale. Più una persona è pesante, e più i 100 chili gli sembreranno leggeri, logicamente. Un soggetto allenato di 60Kg contro uno di 90Kg, a parità di carico sollevato, farà sempre più fatica per via della base d’appoggio minore.
Questo non significa che bisogna mangiare tutto quello che si trova e ingrassare come dei palloni gonfiati. Nel Bodybuilding si ricerca la qualità del fisico e, nonostante il periodo di massa invernale sia il più adatto per aumentare di peso corporeo, non bisogna mai andare oltre una certa percentuale di tessuto adiposo. Di sicuro si solleverebbe di più, ma non avrebbe senso dato che i culturisti non sono dei sollevatori di potenza a livelli estremi, i quali oltre a non avere muscoli belli gonfi e definiti rischiano problemi alla salute. Ma questo è un altro discorso.

Il secondo punto riguarda la tecnica di esecuzione dell’esercizio in sè. Praticamente tutti insegnano di tenere le natiche appoggiate alla panca, per preservare problemi alla schiena, così dicono. In realtà questa osservazione è sbagliata, dal momento che il peso grava esclusivamente sulla parte alta del corpo, quindi pettorali, deltoidi anteriori e tricipiti. La schiena funge da supporto insieme alle gambe, che hanno il compito di mantere stabile la postura e perciò l’equilibrio. Che il sedere si alzi o meno non cambia assolutamente nulla a livello articolare. Anzi, sollevare le natiche con una spinta delle gambe permette di enfatizzare l’arco che si crea nella bassa schiena, mettendo il corpo in una posizione leggermente declinata. Così facendo è possibile spingere il bilanciere a partire dalla parte inferiore dei pettorali, la zona più forte ed esplosiva. Tradotto in parole semplici, si riesce a sollevare di più.

Anche la larghezza della presa deve essere compatibile con il massimo reclutamento delle fibre a disposizione. Troppo larga non va bene, perché nonstante il range del movimento si riduca viene escluso notevolemente il lavoro dei tricipiti, muscoli dotati di grande potenza. Troppo stretta nemmeno, a causa dell’esecursione troppo ampia e il ridotto coinvolgimento dei pettorali. La versione migliore è quella intermedia, poco più delle spalle, in cui è possibile sfruttare la completa sinergia di tutti i gruppi muscolari ed esprimere il massimo grado di esplosività.

Ci sarebbero poi delle tecniche speciali, come le ripetizioni negative in grado di generare maggiore tensione ai muscoli per l’aumento della forza, ma hanno un’importanza marginale, soprattutto agli inizi.
Per concludere, la soglia dei 100 chili è da vedere sempre come un punto di partenza, raggiungibile da chiunque con pochi accorgimenti e tanta voglia di migliorare.

UNI O BILATERALE?

Un dubbio comune in palestra riguarda lo svolgimento di alcuni esercizi, in particolare il concetto di unilateralità e bilateralità. Il significato di questi due termini è davvero banale, ma non nuoce ricordarlo:
viene detto unilaterale un esercizio svolto prima da un lato del corpo, e poi dall’altro, quindi in modo separato. Un esempio ricorrente è il curl in concentrazione con manubrio per bicipiti;
viene detto bilaterale un esercizio svolto con entrambi gli arti in contemporanea. Un esempio è il rematore con bilanciere, in cui il movimento di tirata è compiuto da entrambi i lati.

Sebbene l’esecuzione conteporanea sia molto più frequente dell’allenamento unilaterale, non significa che sia quello migliore. Ogni movimento ha i suoi vantaggi che vanno necessariamente sfruttati, se si vuole ottenere un fisico degno da culturista, grosso, magro e simmetrico nelle sezione muscolari.

L’esecuzione unilaterale ha grossi vantaggi nella costruzione del corpo, a differenza di quanto si creda. Innanzitutto permette di concentrarsi al massimo: data la minor sezione su cui si va a lavorare (un lato anziché due) le dispersioni di energia sono minime. Quindi ogni ripetizione va a gravare esclusivamente sulla singola parte che viene stressata, offrendo uno stimolo più marcato. Di conseguenza, anche i carichi subiranno un incremento perché il sistema nervoso centrale deve coordinare un movimento più semplice, sprigionando tutta la forza in modo molto più concentrato e diretto. Questo concetto infine, permette di sentire lavorare il muscolo in maniera più accurata, donando sensazioni incredibili ed innescando un potente pompaggio a livello delle fibre.

L’esecuzione bilaterale è invece caratteristica dei grandi esercizi, che coinvologono sinergicamente grosse aree muscolari. In particolare la panca piana per la sezione superiore anteriore, il rematore per la parte alta posteriore e lo squat per l’intera parte inferiore. In questi movimenti è possibile sollevare carichi enormi, nonostante ci sia una minima dispersione a livello del sistema nervoso. Questo avviene perché con l’aumentare dell’anzianità di allenamento incrementa anche la coordinazione e la frequenza di scariche neuronali, riducendo notevolmente le perdite fuorvianti. Ovviamente qui non ha senso parlare di concentrazione o sensazioni muscolari, perché l’obiettivo è quello di reclutare più fibre possibili, sia bianche che rosse, senza esaurirle.

In una risposta breve si può dire che l’allenamento unilaterale è adatto per gli esercizi di isolamento, con carichi leggeri per un numero alto di ripetizioni, in modo da produrre grandi quantità di acido lattico. L’esecuzione bilaterale è invece la migliore metodologia da adottare per lo sviluppo della forza negli esercizi multiarticolari, per il miglioramento della propria capacità di attivazione delle fibre e per la coordinazione motoria a livello del sistema nervoso.

RISCALDAMENTO A INIZIO SEDUTA

Molti atleti, specialmente i neofiti, hanno il vizio di iniziare l’allenamento in palestra con diversi minuti di corsa intensa sul tapis roulant, pedalate a più non posso sulla cyclette, salti della corda fino allo sfinimento ecc. Tutto questo per fare un buon riscaldamento, dicono loro.

Il problema è che in questo modo si sprecano gran parte delle energie che servirebbero per l’attività anabolica, quindi per il sollevamento dei pesi. In primis subiscono un drastico calo l’adrenalina e la concentrazione, rendendo di conseguenza l’allenamento meno produttivo. Nel contempo, ormoni catabolici come il cortisolo subiscono un incremento, generando fatica e stress in anticipo a livello di tutto l’organismo.

Questo non significa che bisogna evitare il riscaldamento, anzi. Ma il suo scopo non è quello di stancare il fisico come farebbe l’allenamento vero e proprio!
La sua funzione è quella di alzare leggermente la temperatura corporea e portare una moderata quantità di sangue ai muscoli, sciogliendo articolazioni e legamenti per evitare potenziali infortuni.

Per fare un buon riscaldamento, esistono diversi metodi, sia a corpo libero sia con i carichi. La regola principale è quella di non esagerare e non stancarsi prima del dovuto.
Si può correre sul tapis roulant, ma non per delle ore! E soprattutto moderando la velocità. Meglio se si fanno 5 minuti, massimo 10 di camminata blanda, per svegliare il sistema cardiovascolare.
Stesso discorso vale per la cyclette o il salto della corda. É totalmente inutile andarci pesante prima dell’allenamento con i pesi.
Tuttavia, il metodo più efficace per riscaldarsi consiste nell’eseguire qualche serie con carico progressivo sull’esercizio che si andrà a svolgere per primo. Ad esempio, il giorno dedicato alle gambe si inizia dallo squat, sempre con un peso molto leggero (anche solo il bilanciere). Si fanno un po’ di ripetizioni per muovere i muscoli e abituarli alla dinamica dell’esercizio, poi si alza gradualmente il carico nella serie successiva. Si ripete lo stesso procedimento, e si aumenta di nuovo. Generalmente 3 serie di riscaldamento possono bastare, dopo le quali il carico deve essere in linea con quello dell’allenamento stesso, quindi abbastanza pesante.
Lo stesso principio si può adottare anche per la panca piana ed il rematore, rispettivamente nelle sedute di spinta e tirata della parte superiore.
Una cosa molto importante è di non eseguire tante ripetizioni in questi esercizi, nemmeno nel riscaldamento, perché il corpo tende a produrre grandi quantità di acido lattico che comprometterebbe le successive serie di forza.
L’obiettivo è quello di iniziare la seduta al massimo delle proprie capacità, usando pesi elevati per reclutare tutte le tipologie di fibre, senza rischiare strappi o stiramenti muscolari.

MONO O MULTIFREQUENZA?

Un dibattito molto acceso nel mondo delle palestre riguarda la scelta tra multifrequenza e monofrequenza, due tecniche di allenamento basate su concetti relativamente opposti.
Molti si schierano da un parte, qualcun altro dall’altra. Vi sono anche coloro che scelgono la via di mezzo, alternando l’utilizzo delle due tecniche durante gli allenamenti.
Prima di dare una risposta chiara, è bene soffermarsi sul significato dei due termini:
multifrequenza, cioè ripetere un gesto tecnico più di una volta a settimana;
monofrequenza, stimolare ogni gruppo muscolare, in maniera diretta, solo una volta a settimana.
Ogni metodologia ha il suo perché, quindi esistono sia vantaggi che svantaggi.

In parole semplici, la multifrequenza nasce per lo sviluppo della forza muscolare. Infatti è la strategia tipica degli allenamenti da powerlifter, che hanno lo scopo di migliorare le 3 alzate fondamentali: panca, squat e stacco da terra. Ripetendo un gesto tecnico, movimento o esercizio più spesso, il SNC (sistema nervoso centrale) diventa più efficiente nella coordinazione, offrendo scariche neuronali più rapide. In altri termini, la forza sprigionata sarà maggiore, e quindi anche il carico usato in palestra.

La monofrequenza, invece, stimola direttamente le fibre muscolari per innescare l’ipertrofia. Qui lo scopo è quello di esaurire i singoli distretti attraverso serie lattacide, le uniche in grado di donare l’effetto gonfio tipico da bodybuilder. La forza aumenterà con l’aumento del proprio peso corporeo, grazie ad un alimentazione ipercalorica nei periodi di massa e ad un maggiore sviluppo della sezione dei muscoli.

Un bodybuilder ha necessità sia di diventare forte, sia di diventare gonfio. Quindi si potrebbe affermare che bisogna adottare sia la multifrequenza che la monofrequenza, per ottenere entrambi gli effetti.
In un certo senso è vero, ma va specificato bene il contesto.
Il parametro che più influenza l’utilizzo di una metodica rispetto all’altra è l’anzianità di allenamento.
I neofiti, o comunque coloro che si approcciano al mondo della palestra per la prima volta hanno una scarsa capacità di attivazione delle fibre muscolari, oltre che un SNC inefficiente. Questo significa che il loro potenziale di stimolo per la crescita è estremamente basso, quindi un lavoro in multifrequenza per imparare l’esecuzione degli esercizi, prendere confidenza con certi carichi e migliorare la coordinazione risulta quello più adatto.
Più avanti nei mesi, magari dopo un anno, ha decisamente più senso passare ad un allenamento più specifico per l’aumento di massa muscolare, quindi monofrequenza. Questo perché il soggetto in questione è ormai in grado di esaurire le fibre in modo profondo e, con l’ampio tempo di recupero, innescare i processi di ricostruzione.

IL PERIODO DI MASSA INVERNALE

Il Bodybuilding non è composto solo dall’allenamento che viene svolto regolarmente, bensì richiede una grande attenzione anche a livello nutrizionale.
Se le sedute in palestra hanno il compito di stimolare in modo adeguato le fibre do ogni distretto, il cibo ha lo scopo di riparare i danni tissutali e nutrire i gruppi muscolari stressati per innescare i processi di crescita.
Affinché ciò avvenga è fondamentale tenere a mente alcuni concetti:
i muscoli del corpo umano sono in grado di svilupparsi solo con un eccesso calorico;
questo deve avvenire solo in certi mesi dell’anno, dedicati appunto all’aumento di peso;
i cibi devono essere il più puliti e nutrienti possibili, per evitare l’accumulo di troppo grasso corporeo;
a seconda dei momenti della giornata sono richiesti diversi tipi di alimenti.
non deve mai mancare un’integrazione da supporto alla dieta.

Il surplus (eccesso) calorico è sicuramente l’aspetto primario, in quanto bisogna fornire al corpo una quantità di nutrienti oltre al normale. Stabilire a priori una somma è difficile, se non impossibile, perché varia da soggetto a soggetto, per questo non serve contare le calorie giornaliere o fare chissà quali calcoli matematici. É sufficiente conoscere la propria giornata per aumentare leggermente le quantità o anche solo la frequenza dei pasti. Non bisogna esagerare, ma nemmeno mangiare come canarini: occorre trovare quindi una via di mezzo che basti per aumentare il proprio peso (anche di pochi Kg) nel corso delle settimane.

Molto importante è che questa fase di aumento globale della massa muscolare sia inserita in soli certi periodi dell’anno, quali i mesi più freddi. Essi vanno da inizio settembre a fine febbraio, e coincidono con l’autunno e l’inverno. Il motivo è semplice: il corpo grazie alle basse temperature disperde molte meno calorie, a differenza dell’estate dove sono presenti continue sudorazioni. Questo garantisce di accumulare più facilmente i nutrienti introdotti dall’alimentazione, oltre al grasso corporeo che stabilizza la temperatura corporea proteggendo gli organi interni.

Per quanto riguarda la qualità, i prodotti devono sempre essere approvati, sani e salutari, evitando le più grandi schifezze. Il cibo spazzatura non ha alcuna utilità per i muscoli, se non quella di riempire lo stomaco con calorie eccessive che si trasformeranno esclusivamente in grasso.

Inoltre, i pasti variano molto in base al momento della giornata. In particolare prima e dopo allenamento, dove vanno assunti rispettivamente più carboidrati per fornire energia e successivamente più proteine come materiale di ricostruzione dei tessuti. Anche prima di andare a letto è un momento critico, in quanto è fondamentale lasciare il corpo con nutrienti a lento rilascio, ad esempio le caseine del latte, per preservare la scomposizione degli aminoacidi dei tessuti durante le ore notturne.

Infine, per colmare questi attimi importanti della giornata di solito è più conveniente ricorrere ad un’integrazione esterna più che a cibi solidi, in quanto più velocemente assimilabili. Non è pensabile andare in palestra con la pancia piena di riso e pollo, rischiando poi di vomitare! Meglio stare leggeri ma comunque riforniti.

LA SCELTA DEGLI ESERCIZI

In palestra ci sono una miriade di esercizi, con infinite variazioni e metodiche. Tuttavia bisogna scegliere solo quelli essenziali, trascurando gli altri.
Questo è molto importante per non perdere tempo prezioso, e soprattutto evitare eventuali infortuni.
Per un atleta dopato è ininfluente questa scelta, poiché qualsiasi esercizio faccia egli crescerà grazie ai farmaci.
Per un atleta natural invece è fondamentale allenarsi con intelligenza, adottando uno stile unico ed efficace.

In linea di massima, per la costruzione di un fisico solido, forte, gonfio e pompato il numero complessivo di esercizi da adottare è 12. Essendo 3 le sedute a settimana, bastano 4 esercizi per ogni allenamento per riuscire a coprire l’intera muscolatura del corpo.
Per scegliere quelli giusti occorre prima sapere la loro funzione principale e l’utilità per la crescita.
Come detto sopra, un fisico da culturista deve avere 2 caratteristiche: essere forte e gonfio.

Per l’allenamento della forza in tutto il corpo sono sufficienti 3 esercizi, che riflettono i movimenti di spinta e trazione della parte superiore, oltre che quello di spinta della parte inferiore, quindi le gambe. Essi sono:
Panca piana;
Rematore;
Squat.
Questi esercizi sono statici, nel senso che non cambiano mai, per via della loro grande importanza come fondamenta di un fisico da colosso.
Ognuno di essi coinvolge molti gruppi muscolari in un unico gesto, relativi alla sezione del corpo allenata.
Ed è proprio qui che interviene il pompaggio, per isolare nello specifico solo alcuni dei tanti distretti precedentemente chiamati in causa.
In particolare, ogni movimento attiva 3 muscoli importanti che necessitano di un esercizio specifico, non di più.

SPINTA
croci per i pettorali;
alzate per i deltoidi laterali;
estensioni per i tricipiti.
TIRATA
pullover per i dorsali;
alzate per i deltoidi posteriori;
flessioni per i bicipiti.
GAMBE
estensioni per i quadricipiti;
flessioni per i bicipiti femorali;
spinte per i polpacci.
Questi esercizi sono dinamici, nel senso che possono variare di seduta in seduta, mantenendo comunque la loro funzione principale. Ad esempio per i bicipiti, si possono fare i curl su panca inclinata, sulla panca scott, ai cavi, con i manubri ecc.
Ovviamente i muscoli coinvolti negli esercizi per la forza sono molti di più, ma non vanno allenati tutti in modo specifico per diversi motivi, tra cui la loro natura fisica ed il frequente reclutamento anche fuori dalla palestra. Alcuni esempi possono essere trapezio, deltoidi anteriori e avambracci.
In sostanza il Bodybuilding è semplice, ma in ambito naturale va sempre strutturato con logica.

COME AVVIENE LO SVILUPPO MUSCOLARE?

L’obiettivo primario di un culturista è lo sviluppo della propria massa muscolare, mediante il sovraccarico con i pesi. Il Bodybuilding fece la sua comparsa molti decenni fa, ma ancora oggi non esiste una risposta chiara e definita sul perché i muscoli crescono.

Certo, vi sono diverse teorie, ognuna delle quali è sostenuta da alcune argomentazioni.
Quello che sappiamo di certo, grazie a diversi studi scientifici e analisi su differenti atleti nel mondo, è che il corpo è un sistema molto complesso in grado di adattarsi ad una certa forma di stress, in questo caso l’allenamento. Un centometrista diventerà sempre più veloce e reattivo nella corsa a breve distanza, un maratoneta e un ciclista svilupperanno la forza necessaria per resistere a tanti chilometri, un atleta di arti marziali diventerà sempre più agile e abile nella lotta e così via.
Qualsiasi esercizio si faccia, il corpo richiama in causa la propria muscolatura, in modo da riuscire a mantenere l’integrità fisica e non cedere dinanzi ad uno sforzo. Nel Bodybuilding questo concetto, per quanto possa essere scontato, assume un rilievo molto grande, dato che l’aspetto fisico è il fine ultimo.

Tuttavia, la scienza non è in grado di dare una spiegazione a tutto. Ad esempio, moltissimi pensano che il carico alzato in palestra, sia l’unico fattore per sviluppare grosse masse muscolari. Sebbene il peso in sé abbia una funzione importante, non è la causa chiave e principale.
É sufficiente guardare alla realtà per comprendere: i powerlifters (sollevatori di potenza) sono gli atleti più forti del mondo, insieme agli strongman, ma i bodybuilders a livello muscolare sono sempre più grossi, sebbene usino carichi inferiori. Tutto questo sia a livello di doping sia a livello naturale!

Sostanzialmente, quello che fa la differenza tra un culturista ed un qualsiasi altro atleta, è il pompaggio muscolare. Molti non sanno che le ultime ripetizioni, in piena acidosi e dolore, sono la base per la costruzione di nuovi tessuti e nuove fibre, specialmente negli esercizi in isolamento con carichi relativamente bassi. La forza ci vuole, ma non serve portarla a livelli estremi come fanno i sollevatori di potenza, perché non è la chiave della costruzione fisica. Sembra strano, e tante persone non vogliono credere a ciò, ma è così. Pesi leggeri sono in grado di sviluppare una massa muscolare enorme!

Ma non si tratta di un ispessimento dei tessuti in sé, dovuto principalmente ai carichi alti, quanto la formazione di nuove fibre a partire dall’attivazione di cellule “satelliti”. Quando viene iniziata una serie di un esercizio il corpo incomincia a produrre acido lattico, che ad un certo numero di ripetizioni diventa eccessivo e difficile da smaltire, non permettendo più la contrazione delle fibre. In questo momento, molto doloroso ma allo stesso tempo gratificante, questo prodotto di scarto entra nei muscoli e risveglia delle cellule dormienti, di cui il corpo umano è dotato per poter rispondere a sforzi di certe intensità.
In parole semplici, non è l’ipertrofia a prevalere, ma l’iperplasia! Quest’ultima è stata per ora dimostrata solamente negli animali, ma presto ci saranno certezze anche per gli esseri umani.
Tutto questo spiega il perché i culturisti possiedono una muscolatura unica al mondo!

SERIE AD ESAURIMENTO?

Arrivare fino all’ultima ripetizione di una serie significa raggiungere il cedimento (anche detto sfinimento o esaurimento). Tuttavia esso può essere di diversi tipi, a seconda dello stress psico-fisico indotto:
tecnico, il meno oneroso, quando il gesto motorio di un esercizio, per via della fatica, si “sporca” e diventa difettoso;
concentrico, quello più usato in assoluto, ovvero arrivare a quel punto di una serie in cui non è più possibile completare una ripetizione, e quindi concludere la fase positiva;
isometrico, quando un carico non può essere più mantenuto in modo statico;
eccentrico, quello più pesante e gravoso, ovvero arrivare al momento in cui non è più possibile nemmeno rallentare la fase negativa di una ripetizione.
Questi quattro punti sono in ordine crescente di intensità, e quindi ognuno ha un impatto diverso sul proprio sistema, da quello più leggero a quello più spossante.
Tuttavia è possibile fare anche una distinzione tecnica a coppie tra le varie topologie di cedimento:
le prime due sono considerate tradizionali;
le ultime due sono invece ad alta intensità.
Nel Bodybuilding c’è un forte abuso di queste metodologie, specialmente di quelle più pesanti, grazie all’assunzione di dosi massicce di farmaci dopanti. Con essi infatti, qualunque tipo di soggetto è in grado di recuperare in poco tempo ed esprimere la massima energia in ogni singola seduta, rischiando però seri problemi di salute e giudiziari. E se vogliamo, anche problemi di tipo economici.

Un atleta naturale invece, non può e non deve sottoporre il proprio fisico a stress così gravosi, quali tecniche ad alta intensità come il cedimento isometrico o eccentrico. Il corpo umano ha delle risorse molto limitate e ristrette di natura che non andrebbero mai esaurite al limite delle proprie capacità.
Molto dipende anche dalla genetica del soggetto in questione, come anche dall’età, stile di vita ed anzianità di allenamento, ma in linea generale un culturista non supportato da farmaci deve fermarsi alle prime due tipologie, quindi mai arrivare oltre al cedimento concentrico.

Ma non basta sapere ciò per progredire, occorre anche contestualizzare ciascuna metodica.
In particolare il cedimento tecnico funziona molto bene per gli esercizi multiarticolari, grandi e composti, che richiedono l’intervento di più gruppi muscolari in contemporanea, sfruttando la massima sinergia. I principali 3 sono panca piana, rematore e squat.
Il cedimento concentrico, essendo più gravoso a livello del fisico, si appresta invece agli esercizi monoarticolari, più piccoli ed in isolamento, in modo da concentrare la fatica solo a livello locale e mai all’intero organismo.
In questo modo si evitano potenziali infortuni con carichi grossi, non si manda in tilt il sistema nervoso centrale (SNC) che controlla ogni attività motoria, e allo stesso tempo si esauriscono le fibre muscolari in maniera selettiva e concentrata.

QUANTI ALLENAMENTI A SETTIMANA?

Chi usa farmaci dopanti può fare come vuole, allenarsi sempre (anche più volte al giorno) o poche volte (tanto la sintesi proteica con cui si costruiscono i muscoli è prolungata per via delle sostanze). Poco cambia, il risultato sarà il medesimo, ma tutto solamente grazie agli steroidi.
Chi invece ha la coscienza pura e segue la via naturale, più difficile e lunga ma l’unica realmente efficace, non deve sbagliare. Fare troppo non va bene, fare troppo poco nemmeno. Come 6 allenamenti a settimana sono esagerati, 1 sola seduta è esigua. Bisogna trovare una via di mezzo, ma non basta fare una media.
Se il Bodybuilding fosse matematica ogni fattore esterno sarebbe escluso, ad esempio età, genetica, stile di vita, metodo di allenamento eccetera, non considerando la soggettività di ognuno, il che è fondamentale.

Nella pratica, il miglior numero di allenamenti a settimana ricade sul 3, per due principali motivi:
permette di distanziare ogni allenamento di almeno un giorno di totale riposo;
offre il massimo potenziale ad ogni seduta.
In altre parole, 3 allenamenti a settimana sono il giusto compromesso tra l’attività ed il recupero fisico.
Con una scheda giusta ed una corretta suddivisione degli esercizi è possibile coprire l’intera muscolatura del corpo umano, rispettando i suoi processi naturali e fisiologici.

Se le sedute fossero 2, sicuramente il recupero sarebbe maggiore, ma lo stress indotto a livello delle fibre non sarebbe sfruttato al massimo per la crescita, o perché non si riescono ad allenare tutti i distretti o perché si creano delle sovrapposizioni inutili per riuscirci.
Se le sedute fossero dalle 4 in su, il discorso sarebbe di senso opposto. I giorni di riposo necessari verrebbero a mancare, compromettendo presto i miglioramenti in palestra e anche se è possibile spalmare meglio ogni gruppo muscolare tra i vari allenamenti, ci sarebbero comunque delle ripetizioni.

Ovvio che tutto quanto va contenstualizzato bene, allenarsi 3 giorni a settimana senza seguire una certa logica è comunque sbagliato! La cosa più importante è che ciascun allenamento sia veramente produttivo, e per riuscirci bisogna avere una certa esperienza. Non basta andare in palestra e spingere fino alla morte, anzi, questo a lungo andare è solamente deleterio per l’organismo, soprattutto se abusato.
Inoltre, senza un’adeguata alimentazione, oltre che integrazione, ogni risultato sarà estremamente limitato, per cui alla base ci deve essere sempre un solido programma da rispettare.

COME SUDDIVIDERE I GRUPPI MUSCOLARI?

Per progredire nei risultati, senza l’utilizzo di farmaci dopanti, è fondamentale allenarsi secondo una logica precisa e mai a caso. Un aspetto che funge da base per una scheda di allenamento efficace è, come dal titolo del post la suddivisione dei muscoli.
É molto importante tenere conto di questo per garantire la massima prestazione possibile ad ogni seduta e allo stesso tempo concedere il recupero completo.
Il corpo umano sostanzialmente presenta 2 schemi motori specifici, uno di spinta ed uno di trazione, naturalmente a diverse angolazioni. Ogni esercizio in palestra si basa proprio su tale concetto.
In particolare la panca piana è da considerarsi il simbolo principale della spinta, mentre il rematore quello per la tirata. Tuttavia non basta, perché c’è da considerare anche la presenza delle gambe, che costituiscono la metà inferiore del corpo, e vanno necessariamente allenate. In questo caso l’esercizio migliore per il loro sviluppo è lo squat, che rappresenta un movimento di spinta. Quello di tirata non è fondamentale, nel senso che con soli 3 esercizi è possibile coprire l’intera muscolatura del corpo umano.

Ciascun movimento coinvolge quindi un’area piuttosto vasta, essendo gli esercizi multiarticolari in cui è possibile attivare il maggior numero di fibre utilizzando carichi elevati. Sulla base di questo si considerano si considerano i muscoli coinvolti in quel particolare gesto tecnico:
nel rematore sono dorsali, trapezio, avambracci, bicipiti, deltoidi posteriori, lombari;
nella panca sono pettorali, tricipiti e deltoidi anteriori;
nello squat soprattutto quadricipiti, glutei, lombari, addominali, bicipiti femorali.

Ovviamente non tutti i singoli gruppi vanno allenati, ma selezionati in base alla loro natura fisica e sovrapposizione con gli altri esercizi.
Ad esempio, addominali e lombari sono muscoli che vengono attivati praticamente in tutti e 3 gli esercizi principali, motivo per cui è inutile stressarli ulteriormente.
Un’altra considerazione simile può essere fatta per le spalle, nello specifico per la sezione anteriore, che già stressata pesantemente con le serie di panca piana non necessita di un allenamento specifico, anche perché a lungo andare può causare problemi posturali nel soggetto. Piuttosto è importantissimo concentrarsi sulla sezione laterale dei deltoidi, che è l’unica a donare la larghezza e la tipica stondatura dei culturisti, oltre che su quella posteriore, per offrire un effetto tridimensionale.
Gli avambracci sono chiamati in causa molto spesso, praticamente ogni qual volta si prenda un oggetto in mano, e per questa ragione bisogna concentrarsi sul loro recupero, anziché su altre forme di stress.
Infine, anche trapezio e glutei sono muscoli che non necessitano di esercizi mirati perché data la loro grandezza è facile che rubino spazio agli altri distretti, donando un aspetto estetico poco piacevole.
Ed i polpacci? Essi vanno invece allenati a fine seduta delle gambe, anche se attivati ogni giorno per camminare, perché richiedono uno stress fisico paragonabile a quello degli altri muscoli per crescere.

Per concludere, la suddivisione muscolare ideale che rispetti le funzioni naturali del corpo umano è la seguente:
pettorali, deltoidi laterali, tricipiti;
dorsali, deltoidi posteriori, bicipiti;
quadricipiti, bicipiti femorali, polpacci.

IL BODYBUILDING FA MALE?

Da anni il messaggio che viene tramandato di generazione in generazione è che il culturismo fa male.
Tuttavia, le relative argomentazioni che cercano di dare qualche misera dimostrazione di quanto viene affermato, ebbene, sono davvero ridicole e facilmente smentibili.

La prima in particolare riguarda l’uso del doping. Moltissimi continuano a pensare con fermezza che Bodybuilding sia uguale a sostanze nocive, invece non è così. I prodotti illegali, dannosi e capaci di alterare completamente lo stato fisico di una persona esitono da anni, è vero, ma chi ha detto che per fare palestra bisogna assumerli? Nessuno, è una scelta che viene fatta a priori dal soggetto in questione, responsabile delle pesanti conseguenze. C’è chi accetta il rischio e ne fa uso, magari per vincere le competizioni o giusto per un fine personale, ma non è assolutamente colpa del Bodybuilding. Tra l’altro esistono altri sport in cui gli steroidi dilagano in misura maggiore, ad esempio nel ciclismo.
La causa della rovina della salute non è lo sport, ma l’uomo. L’attività fisica esiste per stare bene, per mantenere efficiente il proprio sistema, per godere di una pura forma di benessere nel corso degli anni. Se poi l’uomo introduce sostanze non accettate dall’ordinamento giuridico perché molto nocive e decide di farne uso solo per imbrogliare gli altri, affari suoi. Non è la via da seguire per una persona che vuole dare il massimo nella vita, in piena efficienza fisica e morale soprattutto.
Il doping è per i falliti, per coloro che vogliono ottenere tutto e subito, senza sacrifici di base, andando inevitabilmente contro diverse problematiche, tra cui l’illegalità, fattori economici e più di ogni altra cosa la salute.

La seconda critica riguarda il fattore “naturalità”, paragonando la crescita muscolare ad una forzatura, sostenuta dall’uso di integratori, i quali vengono addirittura considerati steroidi da alcuni. C’è da meravigliarsi su tutte queste bufale che continuano ad uscire dalla bocca di certi soggetti, molto incompetenti. Innanzitutto per crescere ci vuole una logica con una sapienza di base, sia nell’allenamento che nell’alimentazione, studiata su misura. Come fare poco risulta inutile, lo stesso si può dire per il fare troppo. Inutile e deleterio, se vogliamo. Per cuocere una pizza ci vuole circa un quarto d’ora, 2 minuti non sono sufficienti come 60 risultano eccessivi, a meno che non si voglia servire un piatto ripugnante. Per costruire un fisico degno vale lo stesso identico ragionamento: non bisogna forzare nulla, ogni processo richiede il suo tempo, che deve essere necessariamente rispettato.
Per quanto riguarda l’uso di integratori da supporto all’allenamento, non a caso sono sostanze legali autorizzate dai vari dipartimenti, quindi non hanno proprio nulla a che fare con gli steroidi. Basta recarsi nel primo negozio sportivo in vicinanza per trovarli. Il loro scopo è quello di completare una dieta, non sostituirla, fornendo quegli elementi mancanti che anche la migliore delle alimentazioni non potrebbe mai dare. Un esempio pratico è la creatina, dove solo per trovare 5g bisognerebbe ingurgitare chili di carne, cadendo in un’esagerazione. Con l’integratore invece, essendo sotto forma di compresse o polvere, per fornire al corpo la stessa quantità basta poco più di un cucchiaino, facilmente assimilabile. Inoltre, se gli integratori fossero la causa di problematiche salutari specifiche, come molti dicono, ad oggi ci sarebbero delle prove concrete, invece così non è.
Basta usare un minimo di buon senso, non esagerare, e soprattutto seguire con criterio una programmazione intelligente e coerente, se l’obiettivo rimane quello di stare in salute e ottenere il massimo dal proprio fisico.

ALLENARSI TUTTI I GIORNI?

Molti sono ancora convinti che più si fa meglio è. Questo può essere vero per attività intellettuali, dove a forza di studiare e ripetere certi argomenti si migliora inevitabilmente. Non a caso in qualsiasi scuola gli allievi più bravi sono sempre quelli che si impegnano di più, in termini di ore dedicate.
Ma in un’attività fisica volta allo sviluppo muscolare, e non di una prestazione, questo ragionamento è assolutamente privo di senso. L’organismo umano è una macchina estremamente complessa, in grado di compiere lavori impensabili. Ovviamente, un meccanismo di base c’è, ed è proprio quello che bisogna sfruttare nell’allenamento.
Le sedute in palestra hanno il compito di stressare i muscoli, oltre che l’intero sistema. Successivamente, una corretta alimentazione ed integrazione, insieme ad un sufficiente riposo fanno sì che venga innescato il processo di crescita. Ma tutto ciò richiede tempo!

Nel Bodybuilding è prassi comune ragionare in termini di gruppi muscolari, più che esercizi in sè. Cosa significa? Che se il lunedì vengono allenate le gambe con criterio, ad esempio, dovrà passare necessariamente sufficiente tempo prima che esse siano pronte per affrontare un’altra seduta. Nei giorni seguenti però è possibile dedicarsi ad altri muscoli del corpo, in questo caso della parte superiore, per non perdere tempo prezioso.
Quindi, allenarsi tutti i giorni è sbagliato a prescindere in un contesto naturale. Sia che si parli di neofiti che di atleti avanzati, stressare l’organismo in modo continuativo non porta alcun beneficio nel lungo periodo.
I primi ovviamente hanno capacità di recupero più efficienti, per via della giovane età ricca di fruttuose risorse. Nei primi mesi di allenamento si progredisce, indipendentemente dal tipo di lavoro svolto, perché il corpo si adatta molto velocemente ad un nuovo stress. Ma ben presto i miglioramenti cessano se non c’è una programmazione di fondo da seguire, e più si va avanti nel tempo più questo concetto assume importanza.
Per questa ragione coloro che hanno diversi anni di allenamento alle spalle e che sono arrivati al loro reale potenziale, devono necessariamente considerare le diverse variabili che girano intorno al Bodybuilding.

Per gli atleti supportati da dosi massiccie di farmaci il discorso cambia; loro possono allenarsi sempre, anche più volte nello stesso giorno e progredire. Ma appena il doping viene sospeso, per motivi di salute, denaro o problemi con l’ordinamento giuridico, i risultati spariscono in brevissimo tempo.

DROGHE E SALUTE FISICA

Da sempre l’ambiente che ci circonda presenta aspetti che entrano in contrasto con il Bodybuilding, e non solo. Ad esempio, i giovani soprattutto, hanno un’alta necessità di divertirsi, di conoscere nuove persone, fare nuove esperienze, e fin qui nulla di male. Il problema sorge qualora alla base del proprio svago ci sia qualcosa che vada a compromettere la salute.
Il valore più importante di una persona è la sua integrità fisica, la sua condizione di benessere, per questo è impensabile rinunciare ad essa solo per passare delle serate “speciali” con amici e ragazze.

Il tema principale è l’utilizzo di droghe, vale a dire sostanze che hanno la capacità di alterare lo stato fisico e psichico di un soggetto, causando prima o poi danni permanenti. Ovviamente non tutte agiscono sullo stesso livello, per questo è possibile suddividerle in 2 categorie principali:
leggere (tabacco, alcol, cannabis, marijuana, hashish…);
pesanti (cocaina, eroina, ecstasy, LSD, oppio, anfetamine, crack, steroidi…).
Le prime sono le più diffuse e commercializzate in tutto il mondo, motivo per cui è davvero difficile evitarle completamente. Si pensi anche solo al tabacco, è sufficiente stare in vicinanza di un fumatore per immettere migliaia di sostanze nocive all’interno del nostro corpo. Per fortuna, a meno di assunzioni prolungate nel tempo (si parla di mesi ma soprattutto anni) non causano alcun danno permanente.
La seconda categoria invece comprende quel tipo di sostanze con le quali non si dovrebbe mai per nessun motivo entrare in contatto. Essendo estremamente potenti bastano poche assunzioni per danneggiare in modo irreparabile la salute fisica di una persona.

Tutte queste sostanze hanno un problema di fondo oltre al danno causato: la dipendenza. Bastano veramente pochi dosaggi per rimanere intrappolati, spesso a vita, negli effetti collaterali che comportano. Quindi, qualunque esse siano, vanno evitate il più possibile per mantenere la propria integrità fisica al massimo e godersi la vita in modo salutare.

I 3 CARDINI

Il culturismo naturale, a differenza di qualsiasi altra attività, merita di analisi, studi, logiche e programmazioni a dovere, se l’obiettivo è quello di raggiungere ottimi risultati.
Sono davvero tanti i fattori che andrebbero considerati, ma tutti quanti si rifanno ai 3 tasselli fondamentali alla base di tutta la carriera da bodybuilder. Essi sono: allenamento, nutrizione, riposo, che graficamente ognuno di loro può essere rappresentato come un cateto di un triangolo equilatero.
Se anche uno solo di questi elementi viene a mancare la figura geometrica crolla, metafora del fisico a cui si ambisce e dei relativi progressi.

Per quanto riguarda l’attività fisica si può definire come la parte viva, energica, dinamica. Ogni seduta in palestra deve avere una sua logica di fondo, degli obiettivi specifici, delle metodiche eccelse. Per questo il Bodybuilding non è semplicemente andare in palestra e muovere dei pesi da un punto A verso un punto B, al contrario di come si pensa. Ad esempio, è importantissimo sapere come suddividere i gruppi muscolari del corpo umano, in modo da stressarli adeguatamente senza mandare in crisi l’intero sistema nel corso delle settimane. Bisogna sempre tener conto della funzionalità di ciascun esercizio, scegliere quelli giusti e scartare gli altri, adottare stili di esecuzione particolari nella massima sicurezza e tantissimi altri fattori.

Anche per l’alimentazione vale lo stesso principio. Bisogna saper selezionare i cibi migliori, più utili e nutrienti al fine di assicurare un completo rifornimento ai muscoli. Occorre programmare il numero dei pasti, sapere a grandi linee le calorie ingerite giornalmente, tenere sotto controllo l’aumento di grasso corporeo (nei periodi di massa) e la perdita di prezioso tessuto magro (nei periodi di definizione). Non basta: a fianco di una corretta nutrizione è molto importante tener conto dell’integrazione, con relativi supplementi in grado di massimizzare il proprio potenziale di crescita. Anche qui è fondamentale sapere i dosaggi giusti, le tempistiche migliori e le relative combinazioni tra le differenti tipologie.

Infine, il riposo costituisce il terzo ed ultimo lato, ma non per questo meno rilevante, del triangolo. Una persona adulta in media ha bisogno di almeno 7 ore di sonno al giorno, meglio se 8. Molto importante è che siano il più regolari possibili, senza interruzioni, rumori o fastidi di qualsiasi genere. Infatti è proprio durante i momenti di sonno più profondo che il corpo avvia i meccanismi di supercompensazione e ricostruzione dei tessuti muscolari, danneggiati durante l’allenamento. Se queste ore indispensabili vengono a mancare, oltre ad una stanchezza generale dell’organismo, la crescita viene rallentata notevolmente, ed in certi casi indotta verso una fase di stallo generale (sovrallenamento).

PERCHE’ IL BODYBUILDING NON PIACE?

Nel mondo solo una piccola percentuale di persone si allena regolarmente in palestra, e ancora meno sono quelle che praticano Bodybuilding. Si vede che non è il genere di attività che lascia a bocca aperta; certo uno sport può piacere o no, però ci devono essere delle motivazioni valide.

Dire che il Bodybuilding rovina l’aspetto fisico, è quasi da prendere sul lato comico. Basta solo tradurre la parola in italiano e risulta letteralmente “costruzione del corpo”, quindi inevitabilmente si riferisce ad un miglioramento, non ad un peggioramento. Se un muratore ha necessità di costruire una casa ad esempio, lo fa in modo che crolli il giorno successivo o cerca di tenerla in piedi a lungo? Se un cuoco crea una nuova ricetta, usa ingredienti che ritiene possano piacere ai clienti o compra le prime bufale per strada e rischia di mandare in crisi il locale? In entrambi i casi, naturalmente, ciascuno di loro cerca un miglioramento. Come tutti alla fine. Nella vita si desidera ottenere la felicità, la gioia, il piacere, non la sofferenza e la tristezza.

Eppure c’è gente che continua a dire che il Bodybuilding è uno sport poco salutare. Alcuni dicono che è estremamente dannoso per le articolazioni, altri che va contro le leggi naturali del corpo umano.

Innanzitutto bisogna partire da un concetto base: il peso è un mezzo, non il fine. Questo significa che lo scopo del bodybuilder (in italiano culturista) non è raggiungere livelli di forza tali da sollevare mezza tonnellata, ma quello di esaurire le fibre muscolari con un sufficiente numero di ripetizioni tale da innescare importanti processi di crescita. Ovviamente il carico in sè ha comunque un ruolo, non si può restare deboli come una ragazzina, ma non è l’aspetto prioritario. Sono i powerlifters (sollevatori di potenza) a mettere in serio pericolo l’apparato scheletrico del corpo umano, dove appunto il fine ultimo dell’allenamento è quello di raggiungere carichi estremi.

Per quanto riguarda le leggi naturali invece, si apre un mondo. Questa credenza che il Bodybuilding allontani il corpo umano dai suoi valori basali, puri e originali, come per dire, forzi il suo stato di quiete per raggiungerne un altro, è puramente frutto del doping. Da anni le sostanze androgene dilagano in molti sport, tra cui il ciclismo è quello più soggetto. Farne uso è una scelta che si pone l’atleta stesso, non dipende in alcun modo dall’attività svolta. Il principio base del doping è di togliere i limiti imposti dalla natura umana, per progredire molto più in fretta e raggiungere livelli estremi, che siano prestazionali o estetici. Tutto questo in modo illegale ed estremamente dannoso per la salute, motivo per il quale non bisognerebbe neanche porsi il dubbio se farne uso o meno.

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